In principio erano il 468×60, il 728×90 e il 300×250 e i termini comuni erano formati, banner, pixel. Uno pensa, ma quanti anni sono passati? Sembra un’eternità, e invece sono solo pochi. Il tempo di tre, quattro primavere, abbastanza per immergersi nel mare di formati, piattaforme, content e chi più ne ha più ne metta.
E il tuffo è energico, quanto basta per arrivare alla giusta profondità. Dalla maschera vedo, preroll, interstitial, interscroller, overlayer, big data, dmp, ssp, dsp, seo, sem, facebook ads, instagram ads, gdpr (privacy), micro influencer, top influencer, landing page, funnel, neuromarketing, storytelling applicata ai social e visual storytelling, reach, fan base, sentiment, uf…sto rimanendo senza fiato.
Riemergo sicuro di averne perso qualcuno. Mi sfilo il pezzo di vetro che ho davanti agli occhi e cerco di vedere qualcosa di nitido, di ordinato. Ci vorrebbe un filo comune. Si, ma quale? Esco. Mi asciugo al sole e rifletto.
L’evoluzione della tecnologia legata alla comunicazione in tutte le sue forme, è stata immediata quanto inesorabile. Per stargli dietro ci vorrebbe una dose massiccia di AI. Ah dimenticavo, c’è anche quella. Anzi è dentro gli ingranaggi.
Vengo interrotto dal cellulare che squilla. Rispondo. “abbiamo il report ma i dati sono tutti sbagliati. Non abbiamo implementato correttamente il Tag”, hihihi, il Tag. Riprendo la riflessione. E se partissi dall’origine? Da cosa dire e come dirla indipendentemente da tutto, ovvero dall’utilizzo degli strumenti. Dal racconto, ecco. Si, un bel viaggetto nella narrazione, quella che viene usata per raccontare al meglio se stessi, la propria azienda, il proprio prodotto o servizio. Un piccolo esercizio ad ostacoli, dove bisogna muoversi con sufficiente cautela per provare a mettere ordine su una materia che sembra ancora incompiuta almeno nelle sue reali applicazioni. A breve la prossima storia.